3.11.06

La polvere

"Un ricordo, in modo particolare, riaffiora ogni volta che penso a come sia cominciato il coinvolgimento vero, l'inizio di una baga intuizione, divenuta poi consapevolezza che nulla sarebbe più stato come prima. E' un'immagine curiosa nella sua banalità, la semplice attesa davanti alla macchina con l'ennesima rogna al motore, standosene sotto una tettoia di zinco su cui batteva una pioggia fine. Il meccanico la guardava senza dire niente, e ogni tanto sbiricava me, con un mezzo sorriso indecifrabile. La pioggia era solo una scusa. A nessuno, lì, importava nulla di bagnarsi, faceva abbastanza caldo da infradiciarsi comunque per l'umidità, e starsene sotto quella tettoia era soltanto una buona occasione per smettere di fare le cose di sempre.
L'uomo aveva un'età indefinibile, forse era molto più vecchio di quanto apparisse, indossava una tuta di cui si era smarrita ogni memoria dell'originario colore, e teneva le mani in tasca senza decidersi a fare quello che io speravo: dire cosa secondo lui avesse il motore e quanto tempo ci sarebbe voluto per rimetterlo in sesto. Il suo volto era perfettamente messicano, secondo l'immaginario di cui disponevo il quel mio primo viaggio: tratti vagamente "apache" come ero abituato a vederli al cinema e lintane eredità andaluse, un po' spagnolo e un po' indio, ma di quelli alti, da yaqui del Nord. Più, ovviamente, i baffi bianchi e spioventi, che completavano il mio bagaglio da grande schermo ricco di Villa e Zapata posticci.
Lui continuava a non dire niente, e la pioggia a battere sulla lamiera di zinco. La strana sensazione che avvertito l'avrei afferrata molto più tardi: stavo perdendo la fretta, l'ansia dei ritmi che mi ero portato appresso cominciava a sfaldarsi, e il sintomo impalpabile era quel semplice ascoltare la pioggia e smettere di chiedere al meccanico quanto tempo ci sarebbe voluto. Il mio tempo non era il tempo della realtà che mi circondava. Fino a quel momento lo avevo speso male, illudendomi di vedere più cose andando più in fretta.
A un certo punto, mi ha detto: "Credo che pioverà anche domani". Alla mia espressione vagamente contrariata, l'uomo aveva sorriso scuotendo la testa. Sapeva che non potevo capire, ma che era il momento giusto per cominciare a provarci. Così, stando fermi, ad ascoltare la pioggia.
Raccontandolo, non sembra significare granché. E' solo un frammento, un punto di partenza. Ma ben poche altre cose, avrei scritto, senza quell'inizio, e senza il contatto, la conoscenza a volte fugace ma sempre profonda, di tante persone come lui. Il meccanico non saprà mai quanto sia stato utile per me quel lungo pomeriggio, fino al tramonto, fermi in mezzo a cumuli di ferraglia arrugginita e macchine spente. O forse l'ha saputo fin dal primo momento, notando il lento sgretolarsi della mia fretta di andare da nessuna parte. E' per questo che sorrideva, e se ne stava zitto.
Le letture, il cinema, e ovviamente un po' di fantasia in funzione riciclante, mi sono sempre serviti, certo. Ma ho l'impressione che sarebbero rimasti un magma senz'anima, un'accozzaglia di dati, senza la vita vissuta accanto a genti così diverse da quelle tra cui sono cresciuto, senza la graduale scoperta di una differente dimensione del tempo e della percezione delle cose. Per me è stata la "messicanità", come per altri può essere stata l'India o parte dell'Africa (o la Cambogia, ndr), a segnare il punto di svolta, a imprimere quel qualcosa di indefinibile che si respira nell'aria e si assorbe dai pori per poi tentare di trascriverlo sulla pagina, o di narrarlo su uno schermo per immagini, o su una tela, o in chissà quanti altri modi (un blog, ad esempio, ndr).
E in ogni caso, esistono luoghi, i grandi "altrove" che non ci danno requie quando ne siamo lontani, capaci di scatenare pulsioni latenti, forse non di crearne di nuove, ma soltanto - e non è poco - rievocare sensazioni smarrite, assopite, rimaste in qualche meandro ad aspettare la scintilla che le risvegli.
Il Messico è il paese che per me rappresenta in modo sublime come la mescolanza di tante razze arricchisca immensamente una terra ed un popolo, genti così abituate alla diversità da potersi concedere senza la minima riserva, pur conservando una forma di autodifesa istintiva, il freno naturale di fronte all'invasione di becere "ways of life" geograficamente vicinissime eppure tenute a distanza siderale da millenni di civiltà. Uno di quei luoghi dove si comincia a capire qualcosa solo quando si rinuncia a capire.
Senza pretendere di trarne una regola universale, credo comunque che il contatto con "l'altro", a qualsiasi latitudine, inizi con un gesto di resa incondizionata: la rinuncia a propri schemi e abitudini, liberandosi dall'incoffessata certezza che la realtà sia univoca e unidimesionale, e che tutto possa venire interpretato da un solo modo di guardare. L'ingrediente più nefasto della cultura occidentale credo sia proprio questa nostra ormai istintiva consuetudine ad analizzare e giudicare, filtrando i comportamenti altrui attraverso una rete di convenzioni che ci illudiamo siano assolute e scontate."

Pino Cacucci, prologo a "La Polvere del Messico", 1996.

Con 10 anni di ritardo ci arrivo anche io.

*L*

7 comments:

Anonymous said...

Pensavo che finalmente avessi imparato a scrivere...invece era "solo" il geniale Pino!

Anonymous said...

Rimurginavo proprio in questi giorni sulla mia smania di "non perdere tempo". Si può perdere solo qualcosa che si ha, ma il tempo non LO ABBIAMO e possiamo solo VIVERLO! Tu ora lo sai, io sto cercando di capirlo...
Vale
PS X L'ANONIMO:Io pure ho pensato "XXXXX come scrive!!!!"

Anonymous said...

Tutti sono buoni a compatire i dolori di un amico, ma ci vuole un'anima veramente bella per godere dei successi di un amico.

Me l'hai regalato tu qualche tempo fa, è sempre un buon bacino di partenza per dare forma a pensieri confusi.

Anonymous said...

"Messico e Nuvole,
la faccia triste dell'America,
il vento soffia la sua armonica,
che voglia di piangere ho..."

Che generazione di smaniosi irrequieti che siamo...ma che succede? perchè vogliamo sempre di più, cerchiamo sempre altro?

...fatti non foste per viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza...
forse c'aveva ragione zi' Dante...o forse abbiamo capito che il nostro è un Paese che non sa apprezzare nè amare i suoi giovani e fa di tutto per schizzarli fuori dal territorio nazionale...
E.

Anonymous said...

Mamma mia Luchino, che passo entusiasmante! La cosa bella è che io personalmente (ma penso quasi tutti) ho avuto la sensazione che a parlare fossi tu e che questo fosse uno dei tanti tuoi pezzi da ricordare e rileggere di tanto in tanto. Così mi rallegro nel capire (almeno credo) che da quel fango e da quella polvere ne stai uscendo uomo nuovo, come Adamo, forgiato dalle mani dell'esperienza e della conoscenza.

Paolo

PS Solo un appunto perchè troppi elogi fanno male: ci propini tutta la storia sul tempo e sulla fretta e poi mi vieni a dire con 10 anni di ritardo? Ritardo in base a quale "metro"? Secondo me l'hai fatto apposta ;)

Anonymous said...

"Perdere ad asso piglia tutto con un baro dilettante non vuol dire non essere in grado di eseguire alla perfezione un bluff ad alti livelli. Per assicurarsi una buona riuscita, il bluff deve essere condotto fino in fondo, fino all'esasperazione. Non c'è compromesso. Non si può bluffare fino a metà e poi dire la verità. Bisogna essere pronti ad esporsi al peggior rischio possibile: il rischio di apparire ridicoli."

Titta Di Girolamo

Luca said...

RISPOSTE VARIEGATE

Grazie per la stima, maledetta del primo commento.. ;-)

Per Lo'sceik: non lo fare...

E. da Brux si fa domande lecite, datele voi risposta.

Per Manolo, non dare risposta ad E.

Paolone rimane sempre Flashing, anche quando si firma, Vale invece vola.

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