25.2.07

Lacrime

oggi sono triste.
oggi ho pianto per i miei cari lontani.
mentre scrivo piango, ancora.
più scrivo e più piango.

concludo.

*L*
_____
quanto sei grande roma quann'è 'r tramonto
quanno l'arancia rosseggia ancora sui sette colli
e le finestre so' tanti occhi che te sembrano di'
quanto sei bella
_____






















Hardcore

Keep smiling





















*L*

14.2.07

Raid

Sabato scorso ho avuto la malsana idea di accetare l'invito di alcuni barang di andare a giocare a calcio il giorno seguente: appuntamento alle 7 di mattina per giocare alle 7.30, così il sole non picchia forte. "Precisione svizzera!", mi dico io. Mi sono anche comprato maglietta e pantaloncini, robba de classe, tanto per non sfigurare in mezzo a tutti quei simpatici animaletti griffati Liverpool, Chelsea ecc., con gli scarpini dai colori più sgargianti, che attirano ogni sorta di animale in periodo di accoppiamento.
Domenica mattina, ore 6.59: qualche inspiegabile reminiscenza di senso civile mi costringe ad aprire gli occhi e un altrettanto incomprensibile senso dell'autodistruzione mi induce ad uscire di casa di corsa, stressandomi per le persone che mi aspettano mentre volo in moto in mezzo a camion che trasportano terra, kuyon che trasportano terra, trattori che trasportano terra, bici che trasportano terra; cani che trasportano gatti, gatti che trasportano galli, galli che trasportano il loro ego, honda dream che trasportano maiali o 1000 polli stipati ovunque, toyota camry proventienti dalla Thailandia che trasportano maiali o 1000 polli occidentali, i turisti, stipati ovunque, bus di giapponesi e bus di coreani che trasportano minibus di giapponesi e minibus di coreani che trasportano minigiapponesi e minicoreani che trasportano minifotocamere e miniombrelli, e miniaggeggi dentro minimutande.

Ho lasciato la porta della mia stanza aperta.
Alle 7.30 sono l'unico giocatore in campo, il deserto cambogiano si dimostra ancora più inclemente poiché non mi offre alcun riparo dal sole. Solo. Sale, la rassegnazione: sono stato nuovamente fregato da questa mia piccola vita felice.Si gioca sotto il sole cocente quindi, l'italiano fa girare la palla, corre, offende e difende, svaria ma ad un certo punto svariona, si teme il collasso cardiaco. Alle 11 l'italiano dice basta, vuole acqua fresca e ritorna in un locale climatizzato a bere acqua frizzante da 1.5 dollari (più del salario giornaliero di un lavoratore che si spacca la schiena per 12 ore nelle costruzioni), caffè da 0.75 dollari (più del salario giornaliero che percepivano le ragazze del Silk Lab prima del mio arrivo), croissant da 0.60 (più del salario giornaliero che meriterei io quando scrivo post sul blog in orario lavorativo).

Ho lasciato la porta della mia stanza aperta.

Rifocillato, torno placidamente a casa. Sono soddisfatto della mia prestazione, ringrazio il mister che mi ha dato fiducia, i tifosi per il grande supporto, la mia famiglia senza di cui la quale poi io non nascevo gambione, ringrazio dio e la madonna di Ostuni per aver tenuto la bocca chiusa.

Ho lasciato la porta della mia stanza aperta.

Davanti al cancello, noto che qualcosa non torna.
"Starà risalendo il sonno" mi dico io.
"Sarà che il sudore negli occhi mi appalla la vista", mi dico io.
"Saranno tutte quelle, tutte quelle bollicine", mi dico io.
Circa 7 persone sono nel mio giardino: uomìni, bambini, vicini, motorini, animalini, caini.
Tutti ammirano estaticamente, dentro al mio giardino, un tizio, dentro al mio giardino, che spala mucchi di terra e li appiana. Dentro al mio giardino.

Ho lasciato la porta della mia stanza aperta.

Tante domande mi vengono in mente e anche la madonna di Ostuni è sul punto di parlare, quand'ecco che arriva la moglie del padrone di casa, dentro al mio giardino, col suo sorriso dorato (secondo me fa prima a lavarsi i denti col lucido per metalli), ad informarmi che finalmente stavano riempiendo il giardino di terra.
"Ma chi cazzo ve l'ha chiesto?" sbotta la madonna di Ostuni, e io dietro. "Ma soprattutto", e qui la precedo con destrezza, "perché la mia porta di casa è spalancata?". Voleva far circolare l'aria, mi dice lei.

Il cerchio si sta per chiudere, ripenso ai camion pieni di terra, ripenso ai galli ed al loro ego, forse pieno di terra anch'esso, solo mi sfugge ancora dove vanno a finire i miniaggeggi dei minituristi in scatola. Ci arrivo solo quando, nel riporre le scarpe vicino alla porta, noto che la comunità di zanzare che si era installata dentro alle mie scarpe, assalendomi ogni mattina quando volevo mettermele, non c'era più. "Allora sono nomadi", concludo io, e avverto di colpo un minidolore verso il fondoschiena.

Ho lasciato la porta della mia stanza aperta.

Entro in stanza, la mia stanza sempre chiusa ermeticamente per evitare intrusioni di qualsiasi animale che possa disturbare il mio dolce sonno, e me le ritrovo tutte lì felicemente a godersi la loro nuova vita a 5 stelle nel mio armadio, nei vestiti, tra le pieghe delle tende, nei cuscini... C'è chi ha preferito il bagno, per non avere troppa nostalgia di casa.

Inizio ad applaudire, se lo meritano, la loro migrazione comporterà tante migliorie al loro tenore di vita, mi immagino nuove roulotte, nuove roulette, nuove silouette da soubrette. Niente lamette, ormai si usa il rasoio elettrico..
Ovazione.
Tra le mani mi rimane una melma grigia, sono loro, o almeno un loro milionesimo. Voglio il bis, chiamo ancora gli attori in scena, loro si inchinano e muoiono, hanno imboccato La Cattiva Strada.
Ora il pubblico è in delirio, gli applausi aumentano di intensità e ritmo, piovono fiori pure dalla piccionaia e contemporaneamente piove morte sul mio freddo pavimento.
Ora gli artisti sembrano stanchi del calore sprigionato dal pubblico sudato, sudano anche loro, si sciolgono, i riflettori li friggono. È la tragedia, forse senechiana: accorrono sul palco anche i macchinisti e gli addetti alle luci, alla biglietteria e al catering.

Il pubblico è impazzito, è in preda di sé, escono sfoghi sulla pelle che bruciano e fanno sragionare.
Il pubblico collassa, la schiuma alla bocca, gli occhi rigirati.
Il pubblico trasloca, se ne va a dormire nell'unica stanza con ancora quella preziosissima aria viziata.

Il teatro, nomade per sua natura, ha vinto anche questa volta.
Sipario.

*L*

6.2.07

Mascherina

Il caos del silk lab, il cigolio delle macchine da cucire, il martellare di Pin il guardiano per appiattire le cornici (robba da ommini), il noioso sottofondo del generatore, lo starnazare confuso di queste 20 e piú piccole donne di cui ho deciso di assecondare la vita.
Sono qui da due settimane e ancora non ho un computer per poter lavorare: tempi cambogiani, mi si dice. Ritorno a carta e penna, ai mille foglietti sparsi nelle tasche e nella borsa, agli appuntamenti evidenziati in giallo e forse anche sottolineati in rosa, ma solo se davvero davvero importanti. Giuro. No incrociamenti. Ma su chi hai giurato?
Come un direttore d'orchestra, lascio che gli altri lavorino per me (non ditemi che davvero i musicisti lo seguono!) e cerco solo di rendere armonico il suono che esce dal trombone come quello che esce dall'oboe e dalla viola. Sono il capitano impazzito di una nave che affonda, un visionario col cappello mangiato dalle tarme che tutti seguono per fedeltá e per poca lungimiranza: si bada al pasto di oggi e, se c'è, sono solo sorrisi.
Qui nessuno capisce, tutti assecondano le follie del bianco, qualsiasi esse siano. Divento Kurtz, finalmente, bastone e carota, frusta e manganello. E le bombe a man. Detengo un potere assoluto, porto la parrucca coi riccioli e mi faccio il neo sulla metà della faccia impiastrata di cerone; infilo la mano nello spazio tra i bottoni, dei pantaloni, e faccio la fine di Muzio Scevola..
Le oche del Campidoglio, le galline in fuga, i pipistrelli del mio terrazzo.Come Batman vesto anche il mantello del supererode, slam! broom! klong! pum! sulle chiappe di Robin, voglioso masochista con la mascherina. Che ti nascondi a fare, Robin? Tanto lo so che sei tu! Ti riconoscerei tra 1000, sporcaccione..
Uno su mille ce la fa, non sarò di certo io a mettergli i bastoni fra le ruote, soprattutto se decide di andare a piedi. Targhe dispari, mi dirà.

*L*