19.3.08

Tema: "La Mia Gita a Takeo"

Svolgimento:

Erano le 2 quando la macchina è arrivata a prenderci in ufficio. Stamattina faceva caldo, ma oggi non pioverà a Dom Dek.
Oggi è diverso, oggi io me ne vado, oggio io lascio il paese, oggi io vado in città.
Finalmente. Oggi. Oggi. Sembrava mai.

Troppa la noia accumulata in questi mesi al caldo, da solo, lontano da casa, in un luogo dove alle 9 la corrente va a dormire ed è buonanotte per tutti.

Phnom Penh, la capitale, milioni di vite tutte che si agitano nello stesso luogo, guardano la tv, hanno elettrodomestici, salgono con l'ascensore e scendono con le scale mobili.
Phnom Penh, la capitale, una boccata d'aria frizzante.
Phnom Penh, la capitale, per giunta in missione di lavoro.

Ah... Come sarebbe stata contenta mia madre! Se solo avesse deciso di rimanere in Thailandia..

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Sono cresciuto in un campo profughi di confine io, Phan Sophoeun, 38 anni e 3 figlie lasciate con la madre, mia moglie Sopheap, nel nord. Lì a Sam Rong, proprio vicino alla vecchia casa di mia madre, quella casa che lei aveva fortemente voluto una volta che Pol Pot, il Fratello Numero 1, era stato definitivamente sconfitto.

Era voluta tornare in Cambogia, lei.

Pur sapendo che rimanere in Thailandia avrebbe permesso alla famiglia di campare, senza patire.
Pur sapendo che la sua famiglia così non avrebbe avuto un futuro.
Pur sapendo che lei stessa sarebbe morta di stenti.

Sapeva tutto questo mia madre, e allora via, tanto la decisione era ormai presa: si ritorna, si passa il confine e si risprofonda nel fango, si ottinene un terreno per grazia ricevuta (dopo tutto quello che ci avevano confiscato nel nostro amato villaggio a Kandal..) e si distrugge qualsiasi prospettiva di vita ai figli, 3 sorelle, 4 fratelli ed io, il più piccolo. Chiudere i boccaporti, ci si immerge nella risaia!

Mia madre egoista? Forse. Chi la potrebbe biasimare dopo tutti gli stenti patiti, la fame, la morte, la malattia durante il regime? Aveva voglia di morire nella sua terra e ha deciso di portarsi nella tomba anche tutto il resto della famiglia. Egoista.

Mia sorella Pich ce l'ha fatta, invece, è sfuggita al buco nero grazie alla sua bellezza. Si è sposata con un thailandese che non le fa mancare niente, ora ha la lavatrice e le unghie sempre smaltate, i capelli lisci e soffici e tante paia di scarpe. È stata fortunata, Pich, è stata scaltra, Pich, è stata intelligente, Pich, a non ritornare MAI in Cambogia dopo che era riuscita ad uscirne. Mi manca, vorrei piangere sul suo petto come facevo da bambino, nascondendo la testa nel suo seno acerbo ma già morbido e profumato.

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Penso a tutto questo mentre gli altri in macchina ridono e smangiucchiano noccioline. Per loro è tutto normale, è gente che lavora coi barang da anni, decenni anche.

Invece per me è la prima volta per tutto: la prima volta che esco dalla risaia per non fare il guardiano notturno, la prima volta che ho responsabilità così grandi (insegnare alla gente!), la prima volta che guadagno uno stipendio a 3 cifre.. La prima volta che vado a Phnom Penh.
Sia ben chiaro, la conoscevo già Phnom Penh: ho delle foto a casa inviatemi da mio fratello Vuth che ora lavora là per il ministero, non mi ricordo nemmeno più quale. Quando gli ho telefonato per dirgli che venivo in città lui mi ha risposto che era molto impegnato e che non aveva tempo per vedermi. Non aveva tempo per vedermi dopo 15 anni, mentre a me sarebbero bastati 15 minuti. Questione di prospettive: per lui io sono sempre stato esclusivamente un'altra bocca da sfamare, un problema in più in qualsiasi caso; invece per me lui era ed è il fratello maggiore, rimane la mia guida, quello che mi ha insegnato senza proferire parola, quello che si è silenziosamente fatto carico della famiglia quando mio padre è scappato in Vietnam. Mio padre lo volevano morto in molti nel villaggio: aveva troppi debiti, giocava forte, e perdeva.

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Ero piccolo piccolo, piccolo così, quando lui se ne andò. Mi ricordo una carezza, forse è solo un episodio generato dalla mia fantasia. Vuth invece quel giorno se lo ricorda bene ed io mi porto dentro l'immagine di lui che appassisce di giorno in giorno, di lui già vecchio nei suoi 14 anni, con lo sguardo spento di chi sa di avere perso senza aver avuto il tempo di giocare, di giocarsi la carta buona, quella per la mano vincente.

Di mani ne aveva fin troppe, Vuth, andavano tutte verso la bocca e chiedevano cibo senza dare niente in cambio. Con mia madre già malata, le sue mani col tempo sono diventate aride, avvolte da una crosta dura lacerata da canyon vertiginosi che arrivavano fino al vivo delle nuove ferite giornaliere.

Si è spaccato le mani e la schiena, Vuth, e ora si gode la sua sedia di legno con schienale in un ufficio con la porta sempre chiusa, primo filtro fisico per preservarlo da altre mani che potrebbero intromettersi nella sua vita e compromettere la sua silenziosa pace interiore. Vuth lavora in archivio, e non esce mai. Vuth è già morto, e lo sa.

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La strada fila via veloce, qualche sosta per pisciare, poi si ritorna a dormire.





La strada, su cui capanne in legno si alternano a cubi di lamiera (il progresso), poi le risaie infinite, qualche volta un bufalo, un carretto, una bambina che cerca di venderti qualcosa, una qualsiasi. Io compro degli insetti fritti e lei mi regala il suo sorriso migliore. Metto un paio di grilli in bocca e li stringo forte fra i denti fino a che l'olio non incomincia ad inondarmi le gengive (a me piace così), poi offro il sacchetto a Luca: magari gli piacciono, magari non li ha mai assaggiati..

È un tipo strano, Luca, parla poco con me, è frustrato dal mio scarso inglese ma so che vuole conoscermi, capirmi. Lo sento. Anche il resto dello staff lo sente. È come se ci volesse dare qualcosa, una parte di lui, un qualcosa che non si compra e non si vende, ma si dona. Lo sento.

In fondo anche questa missione era davvero poco necessaria per lui, ma ci ha tenuto a portare più persone possibile, coi pretesti più astrusi. È un modo per stare insieme e conoscerci, in fondo lui è il nostro boss da poco tempo e vuole presentarsi per quello che è davvero. Vuole condividere qualcosa di nuovo con noi, qualcosa che nessuno prima può dire di aver fatto. Vuole girare pagina e ricominciare da zero.

E poi la missione ci fa guadagnare anche qualche soldo in più! Luca mi ha suggerito di comprare con quei soldi un vestito nuovo a mia moglie e farglielo indossare per una serata speciale, magari proprio quella in cui ritornerò a casa la prossima volta, ad ottobre. Ottobre.. Quanto è vicino ormai, ma quanto è lontano nel mio cuore.

La sera a cena è subito festa, mangiamo nel grande centro commerciale di Phnom Penh. Tutta la città si dà ritrovo tra questi 5 piani di fresco paradiso e Barang e Sophal cercano di invitare al nostro tavolo, infruttuosamente, qualcuna di quelle giovani ragazze dalle guance rosate che lasciano nel loro passaggio aromi intensi, nuovi, che sanno di buono, che mi fanno girare la testa. Sorridono, come farfalle volano leggere per la sala nei loro vestiti ariosi, moderni, thailandesi, ma non si depositano sulla nostra foglia. Luca scherza con loro ma poi sceglie di scambiare sorrisi con la ragazza dei frullati, dalla faccia tonda e scura e i capelli raccolti, vestita in uniforme blu. Ma che ci sta a fare lì?!

Il cibo è buono e finisce presto, poi è tempo del gelato che Luca ci regala. "Mi sento come un papà che porta i bambini allo zoo", dice. Ma che sarà uno zoo?
E poi scambia nuovi sorrisi con la ragazza dei gelati... Il mio ormai si è sciolto ma il groppo in gola rimane. Queste ragazze mi intimidiscono.

Il tempo vola tra risate, scherzi e goffi tentativi d'approccio da parte di Phal An (ma dove va se non ha i capelli!) a 15enni ingioiellate. Sono ebbro, frastornato da luci, colori e suoni di questa immensa astronave piena di formichine che sanno dove andare, cosa fare, e come farlo. Per me invece è la prima volta per tutto, anche per usare le scale mobili: prendere il tempo per salirle non è facile, azzeccare il momento giusto per mettere il piede sullo scalino, quello che è già passato o quello che deve ancora arrivare, comunque quello che ti farà ruzzolare a terra in mezzo alle risate generali. A chi è successo, si racconta, non sono state risparmiate derisioni e canzonamenti pubblici. Quindi non rischio e le prime volte mi aggrappo a Phal An, che è più esperto delle cose del mondo.




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GIORNO 2

Oggi si parte per Takeo, la provincia a sud in cui opera il progetto che dobbiamo visionare.

Due ore nella parte posteriore del pick-up, tra buche, polvere e sassi. Confesso che all'arrivo la MIA parte posteriore ci ha messo un po' per riprendersi! Comunque, non mi perdo d'animo e mi godo il paesaggio: che bella la campagna del sud! È proprio come me l'aveva descritto il mio amico Dao, che dal Vietnam era arrivato qui in Cambogia da sud durante l'invasione del '79.

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Credeva che avrebbe finalmente potuto coltivare il suo fazzoletto di terra ed essere felice con la sua famiglia ma il Partito non gliel'ha consentito, anzi si è preso suo figlio e lo ha portato in prima linea a cadere in un imboscata dei Khmer Rossi a nord. E allora lui si è ribellato, ha pianto, è scappato. Ora, a 55 anni, vive sull'acqua vicino Siem Reap, impossibilitato a toccare terra coi piedi perchè vietnamita, vittima di barbarie mentali e fisiche di ogni sorta da parte di chi è stato deprivato di qualsiasi umanità dalla storia.

L'ho conosciuto quando una delegazione americana è venuta per controllare un progetto sul grande lago Tonle Sap; io ero l'assistente di Sarin, mio cognato, che era diventato idrologo per il Comitato per l'Acqua cambogiano. Io lo seguivo, silenzioso, ed imparavo.
Dao guidava una delle barchette che hanno portato la mandria di biondi in doppio petto e ombrellino a Kampong Phluch, villaggio khmer su palafitte alte fino a 13 metri per rimanere "asciutti" anche alla fine della stagione delle piogge, momento in cui le acque sono al massimo livello. Serpenti elettrici e velenosissimi vivono nelle acque del Tonle Sap e il guizzo di uno di essi nella barca di Dao aveva creato un po' di scompiglio tra le signore bianche. Una volta attraccati, Dao ed io siamo rimasti a chiacchiera e lui mi ha incominciato ad aprire il suo immenso cuore.


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Andare nei campi di riso mi dà sempre una forte sensazione di benessere, di pace. Si può sentire il vento soffiarci dentro, giocare con l'acqua e con la terra. La testa vola con lui, veloce. Io prendo foto con la mia macchinetta trafugata di contrabbando dal confine nord con la Thailandia (direttamente da Bangkok!), sembro un turista mentre i miei colleghi, seri, interrogano, parlano, scrivono.









Luca segue le operazioni con attenzione, fa domande, vuole capire. Scherza, ride, ma non molla finché tutto non gli è chiaro. Suda, la polo cambia colore ed il suo viso la segue poco dopo.

Durante il tragitto verso un nuovo villaggio si siede dietro nel pick-up con me, sorride, mi chiede cosa penso di fare alla fine del progetto. Mi chiede come mi può aiutare prima di lasciare la Cambogia. Io non lo so ma mi piacerebbe che lui restasse. Mi sorride. "Vedremo", dice, "vedremo".






Dopo le strette di mano coi rappresentanti dell'altra organizzazione, dopo lo scambio di auguri e biglietti da visita, si salta in macchina ed il pensiero vola dritto alla capitale, alla notte che sta per arrivare. Durante il viaggio si discute su dove andare, cosa mangiare, quale itinerario prendere, in quale karaoke ci sono le ragazze più carine ed in quale quelle più disponibili.

In albergo è tutto un pettinarsi e profumarsi, tutto un commentare e fantasticare. Meng ha il fisico mentre Barang ha classe. Si scherza su chi prenderà la ragazza migliore stasera... Chi la spunterà?

Luca ci passa a prendere alle 7 e noi scendiamo affamati ed assetati, stasera offre lui e domani non si lavora, quindi perché non approfittarne?!


La cena è lunga e piacevole, tante portate e tanti brindisi. Phal An diventa tutto rosso già al secondo bicchiere di birra e finisce per raccontare la storia del bufalo vergine, poi quella del lampo di drago sopra al palazzo reale che ha tracciato il destino della casa reale e quella della carne di tigre che se mangiata aumenta la potenza sessuale. Alla fine si ritorna sempre sull'annoso problema della caduta dei suoi capelli: tutti sono costretti ad osservargli minuziosamente il capo ed a fornirgli un parere tecnico sugli effetti della crema cinese che ha comprato qualche mese fa.

Un coro unanime: MIRACOLOSA! Mentire non è mai stato così facile come con Phal An..


L'esperto del gruppo è Sophal, 48 anni e tanti capelli in testa che, pur se tinti con un inverosimile inchiostro nero corvino, attirano le invidie di qualcuno... Sophal è stato sposato con una barang, una belga, da cui ha avuto un figlio che ora vive a Bruxelles. Non gli manca affatto perché è un fannullone, sostiene Pereira.


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Sophal vive a Dom Dek con la ragazza che fa le pulizie in ufficio, 21 anni a giugno. Sokha, questo è il suo nome, riceve un "piccolo" "supporto" per "badare" a Sophal. Ma Sophal "non ha più proiettili da sparare", come dice lui, e allora Sokha si è messa a "badare", per un "piccolo" "supporto", anche, "segretamente", ad altre persone dello staff, meglio dotate "atleticamente" o economicamente. Sokha, la Locandiera col sorriso da Gioconda.


Io che vivo lì conosco bene Sokha, è una ragazza semplice ma furba, una che bada al sodo. Sokha ha perso il padre e la madre per HIV e da allora vive coi nonni nella casa di famiglia che Sophal ha profumatamente ristrutturato, va in giro su un motorino che Sophal ha profumatamente acquistato, con dei vestiti nuovi che Sophal le ha profumatamente fatto avere direttamente da Phnom Penh.. Sokha è una ragazza profumata.


Sokha aveva incominciato a tessere la sua tela anche con me e devo confessare di averci fatto un pensierino a farmi, profumatamente, intrappolare. Mia moglie è lontana, le responsabilità pure... Ma poi ho deciso che no, non lo potevo fare, in rispetto di mia moglie ma soprattutto del mio portafoglio che serve a conservare le foto dei miei figli più che i Riel.


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Sophal-Filini senza più colpi in canna ci porta nel suo karaoke di fiducia, "il più prestigioso", ci dice. Quello che ci si presenta davanti è un enorme edificio agghindato a festa con lucette di ogni forma, dimensione, colore, potenza. Ci sono dei militari all'ingresso, non a controllare ma a pagare il loro conto, e questo mi conforta sulla "qualità" del "servizio".

Passato il corridoio dalle mattonelle celesti saliamo in ascensore fino al piano 4 dove, aperte le porte, una ventata di profumo dolciastro ci avvolge fino allo stordimento. La stanza è in fondo al corridoio rosso con la moquette blu, la porta insonorizzata gialla e verde si schiude davanti a noi: un trionfo di divani e cuscini in pelle abbraccia le pareti dorate, insonorizzate. Pochi secondi per accomodarci e mamasan ci introduce le sue "figlie": uno stuolo di ragazze bellissime è in fila per noi, chi alte, chi basse, chi col seno sodo, chi col viso bianco. Luca sceglie per Barang (conosce i suoi gusti), Phal An sceglie per Luca (non conosce i suoi gusti), io scelgo la mia. È giovane e alta, ha dei begli occhi, grandi e luminosi, si chiama Sareth. Il suo vestito è arioso come i suoi capelli che rilasciano un odore di pulito. Non sono mai stato con una donna così bella al mio fianco, non so che fare mentre Barang ha già allungato le mani. Luca si schiarisce la voce per "My Way" e le luci si spengono. Nel buio tutti si sorridono
ed io incomincio a capire che questa lunga notte sarà mia.









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Giudizio: 6 meno meno.
Il primo meno è per lo scarso impegno (in quello sei costante) che dedichi alla mia materia. Ma ti interessa venire a scuola ed imparare qualcosa? Sei con me da 2 anni ed ancora non sono riuscita ad inquadrarti.
Il secondo è per quel ghigno (anche in quello sei costante) che tieni davanti a me e a tutti gli altri professori. Dovresti farti visionare da qualcuno, magari da uno psicogolo serio.

Chiuso Per Ferie

Questo esercizio è rimasto chiuso per un paio di mesi per motivi di servizio. Svarioni romani supportati da scrosci passeggeri cambogiani mi hanno tenuto lontano dal beneamato blogghe.

Per la gioia di grandi e piccini però il giorno del ritorno alla scrittura è finalmente giunto. Si punta dritti ai 100 post sulla Cambogia e si festeggia con cotechiño e lenticchie (che, ricordo, sono soldi), poi si gira pagina e si inizia a parlare di Roma, di Rosa, la mia nuova moto, e di queste settimane trascorse nella Dolce Vita.

Ora vi lascio al prossimo post, un bel polpettone di bentornati.
Readtoluca rimane, esercizio di scrittura per non perdere di vista né l'incenso né il nonsenso.

Resistere. Resistere. Resistere.

*L*